Il Signore degli anelli: Il ritorno del re





Buongiorno miei cari amici, rieccomi quì a parlarvi dell'ultimo capitolo della famosissima e tanto amata trilogia fantasy "Il signore degli anelli: Il ritorno del re".

La vicenda continua con Gandal e Pipino che arrivano nella grande ma decadente città di Minas Tirith per parlare con Denethor, sovraintendente regnante di Gondor. Pipino giura fedeltà e obbedienza a Denethor per ripagare il debito verso Boromir che gli salvò la vita. Pipino è quindi portato attraverso la città di Beregond, da un soldato e da suo figlio Bergil. Pipino e Bergil trascorrono la giornata guardando gli uomini di Gondor marciare per organizzare la difesa della città. L' oscurità innaturale di Mordor ha inizio tramite le esalazioni provocate dal Monte Fato.

Aragorn, Legolas, Gimli, Thèoden e Eomer sono raggiunti dalla cosiddetta "Grigia compagnia", un gruppo di raminghi del nord della stessa stirpe di Aragorn, partiti da Gran Burrone insieme ad Elladan ed Elrohir, figli di Elrond Mezzelfo.

Insieme si dirigono verso il Fosso di Helm. Arrivati, Merry pone la sua spada al servizio di re Thèoden e, mentre fervono i preparativi per la guerra si elaborano le necessarie strategie. Aragorn decide di giocare un'astuta quanto pericolosa mossa; immerge il suo sguardo nel palantir di Orthanc, rivelandosi così a Sauron per quello che egli è, il legittimo re di Gondor.

Adesso il nemico sa di dovere fare i conti anche con l'erede di Isildur, e questo potrebbe fargli fare qualche mossa avventata, oltre che fargli distogliere l'attenzione dal portatore dell'anello. Tuttavia dall'antica pietra, Aragorn apprende anche della reale entità delle forze nemiche e delle loro imminenti mosse e, poichè il tempo per preparare l'esercito sembra non essere sufficiente, decide di percorrere il cosiddetto Sentiero dei Morti; una strada misteriosa e lugubre che nessuno è mai riuscito a percorrere per intero e su cui circolano nefaste leggende. 

Accompagnato dalla "Grigia compagnia" a cui si aggiungono gli immancabili Legolas e Gimli; egli, dunque, si reca ad Edoras e quindi a Dunclivo. Lì Eowin prova senza successo prima di dissuaderlo ad intraprendere quella strada e poi di accompagnarlo lungo il Sentiero dei Morti.

La compagnia attraversa il tunnel sotterraneo dei morti e dove convocano tutti i morti presso il colle di Erech. Alla roccia di Erech, Aragorn, chiede ai morti di fare fede al giuramento che tempo addietro quando in vita avevano fatto ad Isildur e seguirlo per spazzare i servitori di Sauron. Solo dopo questo il giuramento può considerarsi mantenuto e i morti potranno avere pace.

Theoden, Eomer, e Merry scendono le colline fino a Dunclivo. Nel forte apprendono che Aragorn ha attraversato il sentiero dei morti e Theoden racconta a Merry la storia di questo sinistro percorso. Qui Theoden riceve degli emissari di Denethor che gli chiedono di raggiungere in aiuto di Minas Tirith. Il re dispone che i cavalieri a suo seguito si preparino alla svelta per partire alla volta di Minas Thirith, ma ordina a Merry di restare a Dunclivo. Merry tuttavia riesce a seguire il re con la sua spedizione, aiutato da un giovane cavaliere che si presenta con il nome di Demhelm.


 Pipino viene convocato dal Sovraintendente di Gondor il quale lo nomina suo scudiero. Durante una pausa, Pipino incontra nuovamente Beregond. La conversazione dei due è interrotta da grida feroci e il suono di una tromba; è Faramir che è attaccato dai Nazgûl. 

Faramir, grazie a Gandalf che gli era corso incontro per soccorrerlo, riesce a raggiungere la città fortificata. Qui farà rapporto al padre, Denethor, e dirà di aver incontrato Frodo e di averlo lasciato continuare verso Cirith Ungol, il passo maledetto che porta a Mordor. 

Denethor incalza il figlio criticandolo per non aver preso l'anello da Frodo, ma Gandalf interviene dicendo che l'anello non avrebbe portato nessun bene a Gondor. Il mattino seguente Faramir parte per guidare la guarnigione di Osgiliath, la prima che sarà raggiunta dal nemico. 

Nell'attacco le forze di Sauron in sovrannumero, hanno la meglio su quelle di Faramir che è quindi costretto a ritirarsi. Durante la ritirata viene però ferito. Ha così inizio l'assedio di Minas Tirith. Denethor, afflitto di dolore per suo figlio morente, lascia il comando in mano a Gandalf e si ritira nelle sue stanze. 

Gli orchi incendiano il primo cerchio della città, mentre Denethor ormai impazzito, decide di erigere una pira dove bruciare in rogo lui e il figlio. Gli orchi sfondano il cancello di ingresso della città guidati dal signore dei Nazgûl e Gandalf gli si fa avanti per affrontarlo. Il capitolo si chiude con il suono dei corni di Rohan giunti in soccorso.


I Rohirrim attraversano la foresta Druadana dove incontrano gli uomini selvaggi. Il loro capo, Ghân-buri-Ghân da informazioni su quanto sta succedendo a Minas Tirith e si offre di condurli per sentieri che solo lui conosce in modo da aggirare le vedette nemiche, poste lungo la strada proprio per rallentare l'arrivo dei rinforzi e travolgere con un assalto improvviso gli assedianti, tuttavia si rifiuta di aiutarli in battaglia. 

Le truppe di Rohan superano così, senza incidenti, la Foresta Druadana e Valle Cavapietra e arrivano a Minas Tirith. Qui vedendo che ormai gli orchetti avevano aperto il cancello, caricano il nemico.

La carica di Rohan travolge le truppe a nord bruciando accampamenti e distruggendo le macchine d'assedio, a guidare la carica c'è il re in persona con la sua scorta. 

Vedendo questo, la cavalleria degli Haradrim, guidata dal loro capitano, contrattacca puntando diritto verso Théoden. Nonostante la cavalleria Haradrim fosse tre volte superiore, Théoden e i suoi hanno la meglio; il re stesso ucciderà il loro comandante.

Il re dei Nazgûl, che aveva abbandonato il cancello, attacca con il suo destriero alato Theodén mettendo in fuga la guardia. Nevecrino il cavallo del re, spaventato a morte si imbizzarrisce e colpito da una freccia, cade su un fianco travolgendo il suo cavaliere. 

Théoden rimane lì, morente, solo al suo destino, quando si frappone tra il re il signore dei Nazgûl il giovane cavaliere Dernhelm. Il signore oscuro lo intima di andarsene e di non osare a sfidarlo perché nessun uomo vivente può sconfiggerlo, al che Dernhelm si rivela per quello che è: Éowyn, quindi una donna, non un uomo. 

Approfittando dello stupore dello schiavo dell'anello, Éowyn taglia di netto la testa del destriero alato. Il re stregone a questo punto incalza Éowyn distruggendo a colpi di mazza lo scudo e rompendole il braccio. Quando il cavaliere oscuro sta per uccidere definitivamente la giovane, Merry lo colpisce alle spalle con il suo pugnale elfico, fabbricata tra l'altro proprio per sconfiggere il signore di Angmar; il signore dei Nazgûl è stato sconfitto non da uomo vivente, come lui aveva detto, ma da una donna e un hobbit.

Éowyn cade come morta in avanti, mentre il re ignaro che nelle vicinanze giaceva inanime la sua nipote adorata, muore sereno tra le braccia di Merry. Giunge nel frattempo Éomer con il resto della scorta per tentare di salvare il re, ma vedendolo morto gli tributa un ultimo saluto. Éomer più in là scorge anche sua sorella tra i caduti, credendola morta, ritorna con i suoi in battaglia ormai senza più interesse per il suo destino. Merry comincia a sentirsi male dopo essere entrato in contatto con il Signore dei Nazgûl. Nel fiume, nel frattempo, veleggiano vele nere e, in loro cuore, i difensori di Gondor credono che la fortuna ormai li abbia abbandonati pensando che quelle vele fossero dei corsari di Umbar giunti a dargli il colpo di grazia, ma in realtà è Aragorn giunto in loro aiuto. Con questi rinforzi ormai sopraggiunti, la battaglia termina a favore di Gondor, ma grandi sono comunque le perdite sofferte.

Pipino racconta a Gandalf della pazzia di Denethor. Entrambi si dirigono nelle stanze dove Beregond difende il ferito Faramir dall'immolazione. Gandalf termina il conflitto salvando Faramir dal rogo e per un momento Denethor sembra riprendere il senno. 

Si scopre che Denethor ha usato un palantír e, ingannato da Sauron, ormai non ha più nessuna speranza di vittoria e soprattutto non vuole andare sotto il comando di Aragorn. Quindi, mentre Gandalf porta via Faramir, Denethor dà improvvisamente fuoco al rogo, bruciando se stesso e il palantír. Faramir è portato alle case di guarigione.


Théoden è deposto nella Sala della Torre. Éowyn, Merry e molti altri giacciono feriti nelle case di guarigione e Gandalf chiama Aragorn in assistenza perché le mani del re sono mani di guaritore, come dice un antico proverbio di Gondor. Aragorn utilizza le foglie di re (Athelas) per curare Faramir, Éowyn, Merry e gli altri feriti. Nel frattempo gli abitanti di Minas Tirith cominciano a dire che il re è tornato.


Gimli e Legolas entrano a Minas Tirith e qui incontrano Merry e Pipino. I capitani decidono nel frattempo la prossima azione da intraprendere. Al termine del consiglio decidono di marciare con un'armata di settemila uomini contro i cancelli neri di Mordor per distrarre l'attenzione di Sauron ed evitare che si accorga di Sam e Frodo che marciavano verso la distruzione dell'anello.


L'esercito con Gandalf, Aragorn, Gimli, Legolas e Pipino, arrivano ai cancelli neri. Da qui esce il portavoce di Sauron che gli mostra dei beni appartenenti a Sam e Frodo. In cambio della vita di questi, la Bocca di Sauron chiede una resa incondizionata e che tutte le terre ad est dell'Anduin fossero riconosciute da Sauron, mentre quelle ad ovest fino alle montagne nebbiose e alla breccia di Rohan diventino tributarie di Sauron sotto la guida di un suo luogotenente. 

Gandalf chiede di vedere gli ostaggi, ma l'emissario esita, quindi Gandalf rigetta tutti i termini imposti. Il portavoce se ne va e presto le truppe di Sauron li circondano. Il gran capo dei troll di Gorgoroth, stordisce Beregond e lo sta per finire, ma interviene pronto Pipino a difesa dell'amico uccide il nemico che nella caduta li travolge. Pipino sviene.

Sam va alla ricerca di Frodo nella torre degli orchi. Sam scopre che gli orchi si sono uccisi l'uno con l'altro per dividersi le cose di Frodo, specialmente la cotta di mithril. Sam trova Frodo in cima alla torre dove gli restituirà l'anello.

Travestiti da orchetti Sam e Frodo attraversano Mordor. Dal Discorso di due orchi che sentono mentre sono nascosti, scoprono che Gollum, rubando la cotta di Frodo, ha contribuito a disperdere le tracce dei due Hobbit, più avanti hanno anche prova che li sta seguendo. 

Durante il cammino vengono intercettati da una truppa di orchi, gli Urukai, credendoli due orchi disertori li costringono ad unirsi alla loro marcia. Approfittando di un momento di confusione riescono comunque a fuggire.

Frodo e Sam raggiungono Monte Fato. Gollum li attacca all'improvviso tentando di rimpadronirsi dell'anello, ma Frodo riesce a sconfiggerlo. Sam si prepara ad uccidere Gollum, ma mosso dalla pietà, gli risparmia la vita. 

Sull'orlo del vulcano, Frodo non ha la forza di gettare l'anello, ma anzi, lo pretende per sé e lo infila al dito, proprio in quel momento Gollum rispunta all'improvviso e attacca Frodo staccandogli a morsi il dito e quindi l'anello.

Tuttavia Sméagol, troppo impegnato ad esultare per aver riconquistato il suo "Tesoro", non si accorge di mettere un piede di troppo sul baratro, precipitando nel vulcano trascinando con sé l'anello, distruggendolo, in questo modo, una volta per tutte.

Le aquile arrivano a dare man forte agli eserciti dell'Ovest. Sauron nel momento in cui Frodo indossa l'anello, si rende conto finalmente dell'enorme pericolo e richiama tutti i Nazgûl, ma ormai è troppo tardi; l'anello è distrutto e con lui Sauron. 

Le forze di Mordor orfane di Sauron, fuggono. Gandalf con l'aiuto delle aquile, recupera Sam e Frodo in cima al monte Fato. Sam e Frodo si risvegliano in Ithilien e qui vengono festeggiati con grandi onori. Entrambi si riuniscono con Granpasso ora re, e il resto della compagnia dell'anello.

La narrazione comincia a Minas Tirith nelle case di guarigione dopo che gli eserciti dell'ovest sono partiti per i Cancelli neri. Éowyn  affidata alle cure dei guaritori, chiede di vedere colui che ha il comando a Gondor per potergli chiedere di lasciare le case di Cura e partecipare anche lei alla battaglia. 

Il custode della casa di guarigione la porta allora dinanzi a Faramir che di diritto è destinato a essere il nuovo sovrintendente di Gondor. Faramir  vedendola se ne innamora. Merry, anche lui a Minas Tirith per essere curato, racconta a Faramir le pene che Éowyn soffre. 

Lentamente i due giovani si innamorano fino a quando Éowyn accetta di sposare Faramir. Aragorn, con Gandalf e gli hobbit, fa ritorno a Minas Tirith. Qui Gandalf incorona Aragorn re. Aragorn nomina Faramir principe dell'Ithilien e Beregond capo della guardia di Faramir. 

Gandalf conduce Aragorn sui monti Mindolluin per svelargli che ormai il mondo è affidato alla stirpe degli uomini e che quindi dovrà governare con saggezza. Qui Aragorn trova un piccolo arbusto di albero bianco, il simbolo di Gondor, lo prende e lo pianterà nel cortile del palazzo a sostituzione dell'antico albero appassito. Gli elfi giungono anche loro a Minas Tirith e Arwen sposa Aragorn.

La compagnia và a Nord verso Rohan, per seppellire Théoden e quindi celebrarne la memoria con grandi festeggiamenti. Da qui vanno a Isengard, dove gli Ent hanno ripiantato gli alberi, ma, mossi da pietà, hanno rilasciato Saruman. Legolas e Gimli proseguono per Fangorn; Aragorn ritorna al suo regno portandosi la chiave di Orthanc, mentre il resto della compagnia prosegue il suo viaggio verso nord incontrando durante il cammino Saruman e Grima. 

Saruman non si mostra affatto pentito. Gli Hobbit e Gandalf arrivano quindi a Granburrone dove visitano Bilbo ormai molto invecchiato.

Nel loro cammino verso la contea, gli hobbit e Gandalf si fermano a pernottare nella locanda del puledro impennato, dove apprendono dall'oste Omorzo cactaceo, che ci sono stati problemi a Brea durante la loro assenza. 

Gli Hobbit gli assicurano che le cose andranno meglio da quando Aragorn, conosciuto da Omorzo come il vagabondo Grampasso, è Re e quindi lasciano Brea e partono per la contea. Gandalf abbandona gli hobbit per andare a visitare Tom Bombadil.

Arrivati alla contea, gli hobbit scoprono che ora è comandata da un lontano cugino di Frodo, Lotho Baggins che in realtà è il burattino di un certo "Sharkey" che tiranneggia per la contea con i suoi uomini e mezz'orchi al seguito.

Merry e Pipino guidano una rivolta contro gli uomini di Sharkey e li ricacciano dalla contea nella battaglia di Lungacque, l'ultima battaglia combattuta nella Contea.

Scoprono che Sharkey non è altro che Saruman. Saruman prova ad uccidere Frodo che però si salva grazie alla cotta di Mithril, nonostante questo Frodo decide di risparmiargli la vita. Saruman confessa, compiaciuto che Lotho è stato ucciso nel sonno da Gríma e quindi, percuotendo con un calcio il suo servitore si allontana, ma Vermilinguo stanco dei maltrattamenti uccide Saruman e tenta di fuggire, ma nella fuga viene trafitto da frecce hobbit. Saruman lascia una contea ridotta ad una landa desolata.

Gli Hobbit che furono incarcerati da Saruman vengono tutti liberati; Sam utilizza il dono di Galadriel per ripiantare gli alberi nella Contea. Con il passare degli anni Frodo comincia a sentirsi male a causa delle ferite e del lungo contatto che ha avuto con l'anello. Frodo, terminato di scrivere la sua storia sul libro rosso, va insieme a Sam ad incontrare gli Elfi. 

Insieme agli elfi trovano Bilbo e Gandalf. Tutti, eccetto Sam che era all'oscuro delle reali intenzioni del padrone, lasciano la Terra di Mezzo per raggiungere Aman. A salutarli vengono anche Merry e Pipino. Dopo che le navi lasciano la riva, i tre Hobbit rimasti nella Terra di Mezzo tornano poi a casa.

Ed eccoci arrivati all'ultimo capitolo della saga. Le pagine scorrono meravigliosamente guidate dalla fantasia dell'autore.

L' anello,la perdizione, la follia, la malvagità e la corruzione. una finestra sulla Terra di mezzo si affaccia sull'incubo della seconda guerra mondiale tra lo stupore, l'ammirazione e la sofferenza. Le catene della realtà non spariscono, sono lì a trascinarti al suolo, catene indissolubili sempre più marcate ma ora evanescenti; ma la loro presenza si sente come un velo che offusca l'avventura.

Il signore degli anelli è la metafora di un mondo onnipresente, tormentato dal Giusto e dal Malvagio, martoriato dai colpi dell'ombra, tamponato dal bene, sfregiato in parte di una dignità umana. 


Molti si arrendono, molti cadono sotto il potere dell'anello e per molti non ci sarà redenzione. 
Un testo unico dai toni epici, tanto da ricordare in alcuni punti l'Iliade di Omero; ottimo fantasy che per contenuti è superiore a moltissimi altri testi, di qualsiasi genere. 


Consigliatissimo


Buona giornata...
Buona lettura...
La libraia matta90💚💚💚










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