Lo scrittore da un milione di parole



                   LO SCRITTORE DA UN MILIONE DI PAROLE

Ambientazione            Genere             Location 
8 settembre 2017       Narrativa           Washington



Voleva aiutare quella figura.
Non conosceva il suo passato ma percepiva che il suo presente era segnato dall’oscurità.
La pioggia scendeva violenta su Washington.
Nuvoloni neri e grigi si muovevano minacciosi dirigendo la pioggia come un direttore d’orchestra. La temperatura era vicina allo zero, presagendo una tempesta di neve di lì a poco.
Automobili sfreccianti inondavano d’acqua quella persona, rannicchiata su un marciapiede poco lontano dalla strada.
I passanti correvano all’impazzata, scansando nel vero senso della parola un altro senzatetto che rischiava di morire nel gelo della capitale degli Stati Uniti d’America.
Eduardo era appena uscito dall’ufficio, pronto a raggiungere la famiglia per godersi il meritato weekend. Chiuse l’ombrello e aprì lo sportello per entrare in auto ma rimase lì, bloccato a osservare quella figura incurante dell’acqua. Eduardo ricordò di essere un privilegiato in un attimo che pareva un’eternità. Non poteva dimenticare i numerosi sacrifici della sua povera famiglia in Ecuador. Non poteva rimanere inerme a quella scena.

Si avvicinò, sollevando a forza la figura raggomitolata in un impermeabile.
«Venga signore, la porto al riparo.»
Con sua grande sorpresa, lo sconosciuto decise di seguirlo senza opporre resistenza.
Non era un lui. E non sembrava nemmeno un senzatetto.
Era una donna sulla quarantina, truccata e, ora che notava bene, anche ben vestita.
Eduardo la fece entrare nella vicina Lexus nera.
«Va… va tutto bene?»
La donna iniziò a piangere.
«Serve aiuto? Posso portarti da qualche parte… ?»
«Non ha tempo.»
«Chi non ha tempo?» chiese Eduardo, come se stesse conducendo un’indagine.
«Capisci? Lui non ha tempo.»
«Forse sei in stato di shock.»
«No, no. Sto bene. Sono solo abbattuta.»
«Chi non ha tempo?» Eduardo voleva provare ad aiutarla ma non sapeva come.

«Tutti. È un mondo che va di corsa e inizio a esserne stufa.»
L’uomo si era quasi pentito di averla fatta salire in auto; le sue risposte erano senza senso.
«Io sono Eduardo. Piacere.»
«Rya. Tutti gli avvocati di Washington accolgono una donna sbattuta sul ciglio della strada senza fare domande?»
«Come sai che sono… » Eduardo sembrava spiazzato.
«Da come ti vesti. Dalla tua macchina. Le tue domande, soprattutto. Tipiche di un avvocato. Ma dovresti sapere che non è l’unico mestiere dove si osserva, si suppone e si indovina.»
«Non capisco. Mi dici chi è che non ha tempo, Rya?»
La donna si stava riprendendo con il riscaldamento dell’auto.
«Mio marito. Il direttore del giornale per il quale lavoro, e sembra che anche i grandi scrittori non abbiano tempo. Incredibile.»
«E questo ti distrugge a tal punto da lasciarti morire di freddo?»
«Sono nata in Alaska. Queste temperature per me sono una brezzolina» Rya sembrava sulla difensiva.
«Insomma, tuo marito ti trascura e il direttore del giornale ti tratta male? Non hanno tempo?»
«Sì. Quando mio marito è a casa è come se non esistessi, e quando siamo al lavoro mi tratta come l’ultima arrivata.»

Eduardo era confuso «Cosa intendi, Rya?»
«Intendo che mio marito e il direttore del giornale sono la stessa persona.»
«Ah.»
«E io sono una scrittrice, Cristo Santo.»
«Una… ?»
«Sì» asserì la donna mentre si accendeva una sigaretta. Eduardo, salutista convinto, avrebbe voluto dirle qualcosa contro quel vizio. Per quella volta, capendo la situazione, lasciò correre.
«Ho pubblicato tre libri negli ultimi dieci anni e, da quando ho conosciuto mio marito, ho iniziato a scrivere Feuilleton.»
«Fe… cosa?»
«Feuilleton, diminutivo del francese Feuillet, foglio, pagina di un libro. È la traduzione francese di serial. Scrivo romanzi a puntate sul Washington Post.»
«Capisco. Visto che ti ho salvato da… morte certa, spiegami pure.»
Rya sorrise, divertita dal neanche tanto velato senso dello humor del suo nuovo amico.
«Ho accettato di scrivere storie a puntate su un quotidiano, quasi sacrificando la mia vita per amore. Amo mio marito ma il lavoro, con il tempo, è diventato pesante. Snervante. Ci sono scadenze, scelte, linee editoriali. Inoltre, mi tratta come una pezza da piedi per dimostrare che non ci sono favoritismi. E oggi... be’ oggi le abbiamo superate tutte.»
«Spiegati» la esortò Eduardo.
«Mio marito viene da me, dice che il giornale va male, che i racconti non hanno presa… »
«Oh mio Dio. Vuole… licenziarti?»
«Peggio, accidenti! Ha detto che le novelle dovranno essere scritte da un grande nome del panorama nazionale. Il grande scrittore Silvius Falkenberg.»
«Sentito di fama. Abita a New York, giusto?»
«Esatto. E sai la cosa buffa?»
«Cosa?»
«Anche lui non ha tempo. Ha firmato un contratto dove verrà pagato per scrivere mille racconti da mille parole sul Washington Post» Rya aspirò la sigaretta, «e non ha tempo! Capisci? Non ha tempo!»
Intossicato dalla nuvola di fumo, Eduardo aprì leggermente il finestrino e accese l’aspiratore.
«Continuo a non capire.»
«Mio marito vuole che io scriva per Falkenberg. Mille racconti, mille giorni a scrivere mille parole per un milione di parole. A nome suo? Giammai! Lui dovrebbe essere lo scrittore da un milione di parole? E io? Non avrò nessun encomio per “La scrittrice da un milione di parole!”»
Eduardo serrò le labbra in un sorriso tirato mettendo in moto l’auto. La famiglia non poteva più aspettare.
«Ti porto a casa. Se posso, vorrei darti un consiglio.»
Rya non parlò.
«Scrivile, Rya. Scrivi quel milione di parole. Dopo averlo fatto non sarai più la stessa. Mille racconti da mille parole sono un’esperienza da fare nella vita. E pazienza se saranno firmate da un altro che non ha tempo. Lascia alcuni indizi nei racconti che potranno sempre ricondurre a te. E se hai bisogno di qualche spunto… Un amico avvocato da cui attingere a incredibili storie ora ce l’hai.»
Rya sembrava sollevata.
«Hai ragione. Ti ringrazio, forse accetterò. Sono arrivata, lasciami pure qui.»
«Non vedo case.»
«Camminerò un po’. Ho iniziato la giornata con una doccia fredda, voglio concluderla allo stesso modo. Mi schiarirò le idee. Grazie del consiglio» disse gentilmente Rya, aprendo la portiera e facendo uscire il fumo insieme a lei.
«Scrivi quei mille racconti! Scrivi quel favoloso milione di parole!»
Rya chiuse la portiera dell’auto e scomparve sotto la pioggia scrosciante.


Kempes Astolfi

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