RACCONTO: "PASSIONI E SEGRETI" GIANLUCA ARRIGHI




Buongiorno mio adorato popolo di letterati in quarantena... oggi vi riporto un altro piacevole e dinamico racconto del grande thrillerista romano Gianluca Arrighi,dal titolo: "Passioni e segreti"...
Buona lettura...






PASSIONI E SEGRETI

Leo Battaglia morì nell’uggioso pomeriggio di una giornata autunnale. Il decesso venne registrato come un incidente. La sua seconda moglie, Clara, molto più giovane di lui, dovette identificarne il corpo. All’obitorio venne affiancata da due uomini per parte mentre le mostravano il cadavere di Leo adagiato su una gelida lastra di metallo. Lo stomaco di Clara si contrasse all’inverosimile e le ginocchia le tremarono, ma riuscì a resistere. Nessuno, in quella camera mortuaria, dovette assisterla. Terminato il riconoscimento e sbrigate le dovute formalità burocratiche, se ne andò guidando da sola fino a casa. Clara pianse in solitudine quella notte. Nessun altro versò lacrime per Leo Battaglia. Né i suoi figli, che si erano trasferiti lontani da lui molti anni prima, né la sua prima moglie. I suoi pochi amici si erano bevuti un bicchiere in più sforzandosi di sembrare realmente addolorati, ma solo Clara pianse. Fu lei ad occuparsi dei funerali. Il tutto si rivelò abbastanza semplice e questo la sorprese. Era una donna giovane e sino ad allora non aveva mai avuto occasione di trattare simili questioni. La semplicità delle operazioni la sollevò.
Qualche sera dopo, quando ogni formalità era stata sbrigata e tutti i pochi interessati erano stati avvisati dello sfortunato incidente, Clara si accomodò sul divano nel salotto della bella casa romana dove sino a poco tempo prima aveva vissuto insieme al marito. Accavallò le gambe, stringendo nella mano destra un bicchiere con un dito di Glenlivet invecchiato dodici anni. Le rimaneva solo una telefonata da fare, ma poteva aspettare. Se lui non l’avesse chiamata per primo, gli avrebbe telefonato lei la mattina seguente. Il telefonino squillò. Ventidue e trenta, in perfetto orario. Clara rispose prima che il trillo del cellulare cessasse. “Pronto”. La sua voce era calcolatamente esausta e addolorata dopo aver visto la scritta anonimo sul display. Subito dopo, tuttavia, si rilassò, lasciandosi scivolare sul divano.
“Leo è fuori città?” chiese una calda voce maschile.
“In un certo senso”, rispose Clara. “Vieni qui da me”. Riattaccò senza aspettare la risposta e si diresse a piedi nudi verso la camera da letto, dove si sedette di fronte alla toletta fissando la sua immagine nello specchio. A mezzanotte erano già l’una nelle braccia dell’altro. La tensione iniziale dell’uomo, non abituato a trovarsi in casa di Leo, fu presto dimenticata. Lei lo condusse in camera da letto e fecero l’amore con una passione intensa, quasi con violenza, come mai era capitato sino ad allora.
“Clara, vorrei tanto che fosse sempre così tra noi.” La trasse più vicino al proprio petto e chiuse gli occhi.
“Può esserlo”, rispose lei, facendogli scivolare un dito sulla barba.
L’uomo si limitò a rispondere con un sospiro. Negli ultimi mesi avevano discusso dell’argomento per decine di volte. Lei era sposata. Lui era sposato ed aveva tre bambini. Per cambiare la situazione avrebbero dovuto pagare un prezzo troppo alto.
“Leo è morto”, disse Clara.
Nel sentire quella notizia, l’uomo trattenne il respiro. Silenzio.
“Mi hai sentito?” ripeté lei. “Ti ho detto che Leo è morto! Ora possiamo fare tutto ciò che vogliamo, io e te da soli.”
Lo abbracciò più forte, ma l’uomo si sollevò a sedere e poggiò la schiena contro la testata del letto. Prese una sigaretta. Il bagliore del fiammifero illuminò il viso di lei scoprendo l’espressione di una donna in attesa di una conferma. Aspirò a fondo stringendo il filtro tra il pollice e il medio.
“Com’è morto Leo?” chiese alla fine.
“Un incidente”, rispose lei, scrollando le spalle nude. “Lui e quella stupida motocicletta. Gliel’avevo detto un migliaio di volte che era troppo vecchio per quel genere di passatempi.”
“Sei stata tu ad incoraggiarlo ad usarla”, le ricordò lui mantenendo un tono disinvolto e sapendo quanto Clara fosse suscettibile.
Lei appiattì il corpo contro il fianco di lui. “Tutto questo non ha alcuna importanza. Ciò che conta è che io ti amo. Ora, finalmente, potremmo stare noi due da soli.”
Il silenzio riempì nuovamente l’oscurità della stanza.
L’uomo finì la sigaretta. Poi disse: “Sai che non è possibile, Clara.”
“Davvero?”
La sentiva lontana, come se lo stesse ascoltando distrattamente. “Avanti, Clara. Non ci siamo mai mentiti. Sai che non lascerei mai mia moglie o i bambini.”
“Questo significa che non mi vuoi.”
“Volerti? Io ti amo, Clara. Ma ho anche delle responsabilità a cui non posso voltare le spalle.”
Rimase a guardarla mentre scostava le lenzuola e, completamente nuda, si dirigeva in bagno senza una parola chiudendo la porta dietro di sé.
Lui iniziò a vestirsi.
Uscita dal bagno, Clara lo trovò in piedi, nel salotto, un bicchiere di scotch nella mano, mentre guardava l’orologio.
Il silenzio di lei, rimasta nuda come pochi minuti prima, stava iniziando a snervarlo. Rise.
"Sei bellissima, Clara…vuoi qualcosa da bere?”
“No, grazie” disse lei, sedendosi sul bracciolo del divano. Poi aggiunse: “Cosa facciamo?”
“Dici di noi?” rispose lui. “Non lo so. E’ così, non lo so.”
“Non mi piace stare sola”. Si chinò in avanti poggiando i gomiti sulle ginocchia. “L’altra sera ho pianto fino a quando mi sono addormentata, perché ero sola.” Iniziò nevroticamente a sfregarsi le mani. “Credevo che la morte di Leo potesse farci stare insieme.”
“Come hai potuto pensarlo, Clara? Te l’ho detto sin dall’inizio che non avrei mai lasciato la mia famiglia. Diamine, mi stai facendo sentire in colpa, come se ti avessi fatto una promessa che adesso non voglio mantenere. Ma non è così, tesoro.”
“Farti sentire in colpa…” ripeté lei in tono basso, come se stesse parlando tra sé. “Tu pensi che Leo non avrebbe dovuto morire?”
“Che cosa?”
“Ho chiesto se mi stai dicendo che Leo non avrebbe dovuto morire.”
“Non capisco cosa intendi dire”, disse l’uomo con un filo di voce.
“Era un bastardo, e tu lo sai. Sei un bastardo anche tu, amore mio?” lo apostrofò con un dolce sorriso. “Ascolta, non sono una stupida. So bene che se ti chiamassi a casa o se raccontassi tutto a tua moglie, questo servirebbe solo ad allontanarti ancora di più da me.” Si era alzata e si trovava in piedi davanti a lui, che nel frattempo si era seduto sul divano.
Clara, nuda e bellissima, adesso lo dominava dall’alto. “Ho rischiato molto per assicurarci la felicità. Probabilmente sarebbe sufficiente che esaminassero i rottami della motocicletta di Leo. Ti piacerebbe conoscere i dettagli? Oppure sapere quando ho deciso che non avrei più sopportato gli abusi di quel vecchio con il cervello di un bambino di quattro anni? Vorresti essere messo al corrente del momento esatto in cui ho scoperto che forse poteva esistere per noi la possibilità di stare insieme? O forse ti interessa di più sapere come ho appreso i fondamenti della meccanica? O quali bulloni ho allentato? È stata colpa dei freni?” Respirò a fondo e si allontanò da lui. “No, scommetto che ti interessa di più sapere dove è successo. Conoscevamo entrambi le sue abitudini, vero? Tutti i pomeriggi lo stesso percorso, lo sapevi bene anche tu. Chissà, la polizia potrebbe riaprire le indagini se avesse il sospetto che la morte di Leo non sia stato un incidente.”
L’uomo si premette le punta delle dita sulle sopracciglia scuotendo il capo lentamente. Il dolore sordo dell’angoscia stava iniziando a pervaderlo dall’interno.
“Credi che nessuno sappia di noi?” disse Clara iniziando a passeggiare avanti e indietro per la stanza.
Lui deglutì a fatica e si schiarì la voce. “Perché non mi dici chiaramente che cosa vuoi da me, Clara?”
“Volere da te? Ciò che voglio sembra che non lo possa avere. Siamo di fronte ad un grosso problema. Vedi, tu sai della morte di Leo. Nello stesso tempo non mi vuoi più, non è così? Se tu esci da qui, io corro il rischio che tu vada alla polizia a raccontare tutto quello che sai. Tutto ciò che ho fatto per noi si sta ritorcendo contro di me e adesso mi trovo tra l’incudine e il martello.”
L’uomo, rimasto seduto, riaccavallò le gambe e le lanciò un’occhiata di traverso. “Non andrei mai alla polizia, Clara, io ti amo. Non vedo perché non possiamo continuare così come abbiamo fatto sinora.”
“Non è possibile perché io voglio più di questo. E’ buffo. Eccomi qui, una bella donna decisamente benestante, libera come l’aria, e tutto quello che voglio sei tu…l’unica cosa che non posso avere. Che cosa mi suggerisci di fare?”
“Stai pensando di uccidere anche me, Clara?”
“E’ una delle opzioni”, ammise la donna sorridendo. “Ci sono abbastanza persone al corrente di noi due che potrebbero arrivare alla conclusione che non sopportavi di dividermi con un altro, così hai inscenato un incidente in motocicletta. Poi, questa notte, sei venuto da me e mi hai raccontato tutto. Io mi sono infuriata, abbiamo lottato ed io ti ho sparato per legittima difesa. Nessun testimone, solo un numero sufficiente di persone a conoscenza della nostra storia e della tua possessività.”
“Io non sono possessivo.”
La donna fece schioccare la lingua. “Accidenti, ai miei amici ho sempre raccontato l’esatto contrario”, disse sarcastica, “e sembra che tutti siano convinti che tu sia pazzo di gelosia per me e che mi consideri una tua proprietà.”
“Clara, io ti amo veramente”, disse con un profondo sospiro. “Non ho modo di provarti che non andrei alla polizia…solo la mia parola e, che ti piaccia o no, sai che è leale. Tutto questo è pazzesco. Ho delle responsabilità nei confronti di mia moglie, ma amo te. E i miei bambini. Non so, Clara, forse hai ragione. Forse con te sarei l’uomo più felice della terra.”
“È questo che fa paura nell’assumersi un impegno, non è vero? Non si può mai sapere in anticipo se le cose funzioneranno”, disse lei.
L’uomo si alzò dal divano. “Vieni qui amore. Mi vuoi?” Chiese alla donna allargando le braccia.
Lei si fece avanti lasciandosi avvolgere e stringendolo forte. Le loro bocche si unirono, poi si allontanarono delicatamente. “Dirò a mia moglie che questa notte dormirò fuori”. Poi le prese il viso tra le mani e le baciò le ciglia con dolcezza. “Vado in macchina a prendere la borsa, tu aspettami qui.”
L’uomo camminò attraverso il salotto e la sala da pranzo. Giunto alla porta, appoggiò la mano sulla maniglia e in quel momento sentì la voce di Clara che lo chiamava. Girandosi, vide che la donna impugnava una pistola.
Le ultime cose che udì furono lo sparo ed il proprio grido. Il sangue iniziò a sgorgargli dal petto. Mentre era accasciato al suolo, con la devastante sensazione della vita che lo stava abbandonando, vide Clara, ancora nuda, inginocchiarsi accanto a lui. “Ti amo”, gli sussurrò in un orecchio, "ma nessuno può prendersi gioco di me.”


                                                                                                           
                                                                                                             Gianluca Arrighi



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