INTERVISTA A GIANLUCA ARRIGHI.
- Buongiorno Dott.
Arrighi, ci parli un po’ di lei.
Buongiorno a Te, cara Marika. Parlare di se stessi è
sempre un po’ imbarazzante, diciamo che sono un giuriscrittore appassionato di
diritto penale e letteratura gialla.
- Cosa l’ha spinta
ad intraprendere la carriera di scrittore?
La passione per la scrittura l’ho
sempre avuta, ma l’approccio concreto all’idea di scrivere un romanzo è arrivato
quasi per caso. Diversi anni fa conobbi una giornalista della Rai che aveva
seguito per il Tg3 alcuni processi di cui mi ero occupato e che curava, sempre
per la Rai, una rubrica settimanale di libri. All’epoca ero un giovane
penalista, neppure trentenne, squattrinato e pieno di belle speranze. Ma ero
anche sommerso da un’infinità di casi giudiziari, devo dire la maggior parte
disperati, nei quali gli imputati erano spesso personaggi straordinari e
rappresentativi della più varia umanità. Per questa ragione i “miei” processi
erano molto seguiti dai media, soprattutto dalla cronaca di Roma. Fu proprio
quella giornalista a spingermi perché cominciassi a scrivere romanzi ispirati
alla mia esperienza nelle aule di tribunale. L’idea mi piacque e così venne
pubblicato “Crimina romana” che, al di là di ogni aspettativa, sui rivelò un
successo straordinario.
- Quanto tempo
impiega di solito per la stesura di un romanzo?
Dipende molto dai miei impegni nelle aule di
giustizia, ma in genere impego circa tre o quattro mesi per terminare un
romanzo.
- Quando scrive un
nuovo libro ha già tutta la storia in mente o la elabora strada facendo?
Quando lavoro a una storia, scrivo di
getto. Mi capita spesso di modificare la trama che avevo in mente all’inizio e
dalla quale ero partito.
- Come è cambiata
la sua vita scrivendo?
Bè, è cambiata molto. Soprattutto dopo aver raggiunto
il grande pubblico. L’importante, tuttavia, è rimanere con i piedi per terra.
Il successo è qualcosa di estremamente effimero, così come arriva, può svanire
in un battito d’ali.
- Cosa prova in
particolare quando si ritrova a rileggere un suo scritto?
Dopo la pubblicazione di un mio romanzo, cerco di
rileggerlo il meno possibile. Ogni volta, infatti, trovo imperfezioni e brani
che avrei potuto scrivere decisamente meglio. Una vera “tortura”.
- Come mai ha
deciso di cimentarsi nel genere giallo/thriller/noir e di non distaccarsi un
po’ da ciò che rappresenta oggi giorno la cruda realtà? Che come ben sappiamo,
per lei è una tematica all’ ordine del giorno.
Nelle aule di giustizia, da sempre, mi relaziono
con il male e il crimine.È l’unica materia che conosco sufficientemente bene da poterla trasportare in un
romanzo. Alcuni editori, di tanto in tanto, mi chiedono anche storie di altro
genere, ma per il momento preferisco continuare con il giallo e il thriller.
Tuttavia, mai dire mai…
- Ha mai ricevuto
dei pareri negativi?
Oh, sì. Moltissimi.
- Secondo lei qual
è il libro più bello che ha scritto?
Quello che devo ancora scrivere.
- Cosa la spinge
realmente a scrivere?
Non lo so di preciso, credo che scrivere sia un
impulso, una sorta di istinto primordiale, presente in alcune persone sin dalla
nascita.
- C’è un
personaggio dei suoi romanzi che le sta particolarmente a cuore?
Li amo tutti, indistintamente. Da Elia Preziosi, il
“primogenito”, ai suoi “fratelli più giovani”, Jader Leoni e Alex Manfredda.
- Ha un luogo o una
stanza dove preferisce scrivere?
La veranda nel giardino della mia casa al mare.
- Esiste un romanzo
che ha avuto un grande impatto sulla sua esistenza? C’è uno scrittore che
considera il suo mentore?
Sono
tantissimi i libri che, in un modo o nell’altro, hanno influenzato la mia
esistenza. Ricordo che nel 1984, a dodici anni,
decisi di cominciare a leggere i cosiddetti “libri degli adulti.” In casa avevamo
poca narrativa, prevalentemente testi di storia, politica, avventura e viaggi.
Però avevamo Agatha Christie e Edgar Allan Poe. Così, una sera,
il giorno dopo dovevo andare a scuola, finiti i compiti e la mia mezz’ora di
tv, accesi la lampada sul mio comodino e aprìì “I racconti di Edgar Allan
Poe“. Sospettavo che il signor Poe scrivesse alcune cose sulla pazzia e sull’omicidio, ma non potevo immaginare che quella lettura mi avrebbe
intrigato così tanto e che avrebbe poi segnato in modo indelebile il mio futuro
di autore di romanzi gialli. Stavo esplorando una mente sconosciuta. Ero
pietrificato. Lessi “Il gatto nero” e poi “La botte di Amontillado“.
La sera seguente mi dedicai a “Il cuore rivelatore” e nei mesi
successivi lessi tutti i racconti. Alcuni mi piacquero moltissimo, altri mi
sconvolsero e qualcuno andava troppo lontano per la mia giovane mente. L’opera di Poe mi ha insegnato che c’è un’ombra nel cuore degli uomini,
una metà oscura che talvolta prende il sopravvento anche nella persona
migliore. Mi ha insegnato che le parole
possono essere bellissime, misteriose e piene di verità. Quel volume è ancora
accanto a me, nella libreria del mio studio. Ci sono ancora i puntini rossi
vicino ai racconti che mi colpirono di più. Sfogliandolo, rivedo la mia
cameretta di trentacinque anni fa e ricordo la sensazione di eccitazione quando
la sera m’infilavo sotto le coperte per perdermi in quei racconti del terrore.
Alcuni li rileggo ancora oggi. Mi piacciono sempre moltissimo e ancora mi
sconvolgono, e qualcuno continua ad andare al di là della mia non più giovane
mente.
- Sappiamo che a luglio uscirà il suo nuovo
romanzo, dal titolo “Intrigo in Costa Verde”. Le andrebbe di fornirci qualche
notizia in più?
Il
nuovo romanzo è ambientato in una piccola e immaginaria città sarda chiamata
Coraddu, situata nel cuore della Costa Verde, un meraviglioso litorale nel
sud-ovest della Sardegna ancora poco battuto dal turismo. Protagonista
della storia è l’avvocato Alex Manfredda che, in questa sua prima indagine, si
troverà alle prese con un caso pieno di insidie: ad ogni tentativo di sistemare
una tessera nel mosaico, infatti, ne seguirà sempre una diversa che si
allontanerà dalla sua collocazione originale. Il susseguirsi degli eventi, così
come l’ambiguità di tanti personaggi, trasformeranno a poco a poco il quadro
iniziale in una nebbia di misteri umani, ambientali, criminali. Alex dovrà dare
senso a un meccanismo dai mille ingranaggi, illuminando l’area grigia dove
politica e affari s’incontrano. Ogni suo passo solleciterà l’attesa del nuovo
indizio, tra storie passate e vendette, urtando contro identità nascoste ed
esistenze oscurate. Mentre sullo sfondo si dipana l’impunita e pervasiva
corruzione del privilegio sociale, anche la vita di Alex verrà messa in
pericolo, tra depistaggi, sicari e colpi di scena. Nulla però riuscirà a
fermare il tenace avvocato Manfredda: non gli agguati che gli vengono tesi, non
il mondo ambiguo della provincia italiana, non l’omertà che regna a Coraddu.
- Infine
mutando argomento e trasferendoci quindi sul punto di vista gastronomico, mi
dica qual è il suo piatto preferito.
Lasagne al forno, senza ombra di dubbio.
Buona giornata...
Buona lettura...
La libraia matta 90...
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